GROTOWSKI: conclusione sulle azioni “realistiche”

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grotowski azioni fisicheGROTOWSKI: conclusione sulle azioni “realistiche”

Da “Al Lavoro con Grotowski sulle azioni fisiche” di Thomas Richards,

Ubulibri,  pagg 115 – 117

Un giorno Grotowski mi disse: “Dopo il ‘sistema’ di Stanislavskij, venne il suo ‘metodo delle azioni fisiche’. Pensi che Stanislavskij si sarebbe fermato lì? No, è che morì. Ecco perché si è fermato. E io ho semplicemente continuato la sua ricerca. … e non ho solo ripetuto quello che lui aveva già scoperto”.

Ringraziamo il Sig. Thomas Richards ed Ubulibri Editore per il permesso accordatoci di utilizzare questa citazione tratta dal Suo libro “Al lavoro con Grotowski sulle azioni fisiche”.

Buona Lettura



GROTOWSKI: conclusione sulle azioni “realistiche”

Da “Al Lavoro con Grotowski sulle azioni fisiche” di Thomas Richards,

Ubulibri,  pagg 115 – 117

Un giorno Grotowski mi disse: “Dopo il ‘sistema’ di Stanislavskij, venne il suo ‘metodo delle azioni fisiche’. Pensi che Stanislavskij si sarebbe fermato lì? No, è che morì. Ecco perché si è fermato. E io ho semplicemente continuato la sua ricerca. Ecco perché certi russi dicono che ‘Grotowski è Stanislavskij’: è perché ho continuato la sua ricerca, e non ho solo ripetuto quello che lui aveva già scoperto”. Per poter continuare l’investigazione di qualcun altro dobbiamo conoscere nella pratica quello che aveva già trovato.

          Mi domando quale sia stata la fonte della conoscenza di Stanislavskij sulle piccole azioni “realistiche”. Sicuramente era basata sul suo modo di osservare accuratamente la vita quotidiana. Così, seduto ancora una volta nel bar, proverò, mediante l’osservazione, a fare un passo in avanti nella mia comprensione delle azioni fisiche, mentre concludo questo testo.

          Un giovanotto sta entrando nel bar. Saluta la gente con un sorriso, fischietta una canzoncina; il tempo-ritmo della sua camminata è vivace. Ha il passo leggero. Si siede a un tavolo con il suo caffè, il giornale è a portata di mano. Il suo corpo si sporge leggermente per guardare la prima pagina. Ma no… ora si ingobbisce, seduto con la spina dorsale incurvata come una “C”, appoggiato allo schienale. I suoi occhi si separano leggermente, vanno alla deriva in due direzioni opposte. Sospira. E’ come se non vedesse più ciò che ha di fronte. Rimane in questa posizione senza muoversi per circa venti secondi. Sembra che si sia scordato del giornale, scordato del caffè. La sua fronte adesso, tra le sopracciglia è contratta. Non sorride più. All’improvviso torna a vedere le cose circostanti. Si guarda intorno velocemente con piccole occhiate staccate, per vedere se qualcuno lo ha visto negli ultimi venti secondi. Ora vedendo il suo caffè, gli dà due sorsi come per sentire se è caldo, e poi lo finisce d’un fiato. Mette giù la tazzina sul piattino, facendo un rumore di cocci: senza volerlo, perché sta di nuovo guardando giù, e ancora una volta sembra che non veda quello che ha di fronte. La sua spina dorsale è ancora a forma di “C”. Si alza lentamente. Strofina piano sulle labbra il lato del suo indice destro. Poi la mano tocca la faccia e un dito gli entra in bocca mentre si avvicina lentamente alla porta. Le sue sopracciglia sono ancora contratte. Sulla porta si ferma di botto e torna indietro. Si è dimenticato di pagare il caffè. Non si sta più toccando la faccia e va velocemente alla cassa con un ritmo staccato. I suoi movimenti mentre paga sono bruschi e spicci. Mentre esce dal bar sta guardando giù, le labbra strette; la sua camminata è rapida, staccata e rumorosa.

          Quello che ho appena descritto non è la linea di azioni fisiche, ma l’immagine di comportamento – e i sintomi – osservati dall’esterno: un momento della vita di questo giovanotto. Lui non era consapevole della complessità di ciò che gli accadeva in quei momenti. Non era cosciente, per esempio, di essere entrato nel bar in un certo stato e di essere andato via in un altro, completamente diverso. Possiamo dire che ha fatto questo viaggio da uno stato emotivo positivo a uno negativo in maniera più o meno incosciente. Probabilmente più tardi durante la giornata, a un certo momento si sarà reso conto d’ avere la luna per traverso, ma sarebbe stato molto difficile per lui ricostruire esattamente perché e come quel cattivo umore è cominciato.

          Supponiamo ora che un attore debba creare questa stessa scena “realistica” sul palcoscenico, e interpretare quel giovanotto. Mentre il comportamento del giovanotto era quasi inconscio, la preparazione dell’attore deve essere conscia, perché deve costruire il ruolo. L’attore allora deve essere consapevole dei piccoli pezzetti di vita con una consapevolezza che gli altri normalmente non hanno. Per fare questa realtà, l’attore deve essere capace di vederla nei dettagli, poi di costruirla, e poi di viverla sul palcoscenico senza auto-osservazione. Deve vedere che lo stato psicologico di quella persona era direttamente influenzato dal suo comportamento fisico; che il suo “tempo” originario entrando nel bar era leggero e rapido, mentre il suo “tempo” andando via era pesante e rapido. L’attore saprà cos’era il ricordo preciso che il giovane stava avendo quando era seduto al tavolo senza vedere ciò che aveva di fronte. L’attore saprà che c’è un legame diretto tra l’incurvarsi della spina dorsale da seduto, e il fatto che quel giovane era arrivato a uno stato psicologico negativo. Ma l’attore non si occuperà dello stato emozionale perché sa che non può controllarlo con la volontà. Si occuperà del modo di stare a sedere, di come precisamente tenere il corpo. Forse quel modo di stare a sedere era la posizione precisa in cui quel giovanotto sedeva, per esempio, la notte prima mentre la sua fidanzata gli strillava addosso, accusandolo di non averle dato abbastanza. Ora è seduto nel bar, la mattina dopo. Fino a quel momento si era dimenticato del tutto della litigata della notte scorsa. Ma ora l’identica posizione del corpo gli rammenta il ricordo della faccia arrossata di lei la notte prima. Comincia a vederla e a sentire di nuovo l’asprezza della sua voce. Percepisce di nuovo il modo in cui le intonazioni di lei suscitarono in lui l’impulso di colpirla (ora non vede niente del bar, non sente niente di quello che ha intorno, è completamente assorto nel suo ricordo). Ricorda di come sia rimasto a sedere di fronte a lei senza fare niente. Forse in quel momento la sua mente sta dicendo: “Non ho fatto niente, non ho fatto niente…”. Poi l’attore deve sapere perché il giovanotto dimentica di pagare il caffè: perché va via dal bar nello stesso modo in cui se n’era andato dalla casa della sua fidanzata la notte prima. Per lui in quel momento, il bar è effettivamente la casa della sua fidanzata. Vede solo quello, la sente strillare, e scappa… dimenticandosi di pagare il caffè. Tutto questo dev’ essere una parte chiara della linea di azioni dell’attore; chiara come anche il tempo-ritmo della sua entrata (che è differente da quello con cui se ne va); chiara come la contrazione sulla sua fronte mentre ricorda la qualità sferzante della voce della sua fidanzata, “impossibile da ascoltare”.

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