BARBA Eugenio, Odin Teatret

Eugenio BARBA

Eugenio Barba

Eugenio Barba

(Brindisi 1936)

Eugenio Barba fonda l’Odin Teatret nel 1964

Eugenio Barba scopre ad Opole (Polonia) il Teatr 13 Rzedow, diretto da Jerzy Grotowski…

…in un bar di Cracovia, Barba avvicina Grotowski…

IN QUESTA PAGINA: Breve Nota Biografica –    Dentro lo scheletro della Balena –    Mythos –    sulla Commedia dell’Arte


Eugenio BARBA: nota biografica 1

 

Odin Teatret - Eugenio Barba

Andersen’s dream

 

La ricerca nel cielo delle idee è un modo per scrutare come in uno specchio i segreti della nostra biografia. Uso spesso metafore: l’eredità di ciascuno di noi a se stesso è irripetibile. Si può cercare di catturarne il profilo in alcune immagini che gli altri dovranno poi tradurre nei lineamenti della propria esperienza professionale e della propria vita”

Artista e intellettuale poliedrico, è un viaggiatore curioso e instancabile.

Eugenio Barba nasce a Brindisi il 29 ottobre 1936,

durante la guerra si trasferisce a Gallipoli dove la morte del padre riduce la famiglia in povertà. Tenta allora di seguire le orme paterne, iscrivendosi al collegio militare di Napoli. Proprio durante il soggiorno napoletano si accosta per la prima volta al teatro, ricevendone un’impressione vivissima. Spirito romantico e insofferente dei limiti, lascia l’Italia per la Norvegia, da lui vagheggiata come patria della libertà. A Oslo si impiega come garzone presso un’officina e viene promosso saldatore; ma la sua indole curiosa lo spinge a cercare stimoli diversi, nella lettura come nelle amicizie. In particolare incontra uno studente universitario di psicologia, di dieci anni maggiore di lui, che lo indurrà a iscriversi all’università e ad abbracciare le idee marxiste. Altro incontro significativo è quello con un anziano pittore, che lo avvia al gusto per la letteratura e le arti figurative. E’ in questo periodo che in Barba nasce quel “sentimento del diverso, di uno straniero che scruta un altro straniero” – legato alla sua difficoltà di rapportarsi con persone diverse, che parlano una lingua differente – che lo segnerà profondamente e lo porterà all’idea di un teatro-comunità.

Nel 1956 si imbarca alla volta dell’Estremo Oriente e dell’Africa, dove “si ubriaca di musica e di immagini”, seguendo mostre e spettacoli. L’anno successivo ritorna a Oslo – dove frequenta accanitamente l’ambiente universitario e quello teatrale – e ottiene una borsa di studio per studiare regia a Varsavia. Del tutto impreparato alla realtà polacca dei dopoguerra, Barba si scontra con una frattura inconciliabile tra la qualità del teatro e quella della vita quotidiana, tra l’abbondanza di stimoli creativi e la scarsità di generi di prima necessità.

Questa esperienza lo spinge a cercare il senso del teatro nella sua dimensione politica: per molto tempo viaggia scoraggiato attraverso la Polonia, finché scopre nel piccolo centro di Opole il Teatr 13 Rzedow (Teatro delle Tredici File), diretto da Jerzy Grotowski. Alcuni mesi dopo, in un bar di Cracovia, Barba avvicina Grotowski, si interessa alle sue idee politiche e resta affascinato dalla sua cultura. Grotowski, a sua volta, è colpito dai viaggi in Oriente dell’artista italiano.

Nel 1964 fonda a Oslo l’Odin Teatret che si trasferirà a Holstebro in Danimarca nel 1966… ma questa è un’altra storia.


 

Eugenio BARBA: nota biografica 2

 

Maschera Odin Teatret - Eugenio Barba

Maschera Odin Teatret

 

was born in 1936 in Brindisi and grew up in the nearby village Gallipoli. His family’s socio-economic situation changed significantly when his father (a military officer) was lost to The War.

Upon completing high school at the military academy of Naples (1954) he abandoned the idea of embarking on a military career following in his father’s footsteps. Instead, in 1960, he went to Norway and took degrees in French and Norwegian literature and in History of Religion at Oslo University.

In 1961 he went to Warsaw (Poland) to study theatre directing at the State Theatre School, but left one year later to join Jerzy Grotowski, who at that time was the leader of Teatr 13 Rzedow in Opole. Barba stayed with Grotowski for three years. In 1963 he traveled to India where he had his first encounter with Kathakali, a theatre form which at that time had been overlooked by a significant majority Western theatre practitioners and scholars. Barba wrote an essay on Kathakali which was published in Italy, France, the USA and Denmark. His first book, In search of a Lost Theatre, came out 1965 in Italy and Hungary.

When Barba returned to Oslo in 1964, he wanted to become a professional theatre director, but as he was a foreigner, he was not welcome in the profession. So he started his own theatre. He gathered a group of young people who had not passed their admission test to Oslo’s State Theatre School, and created the Odin Teatret in October 1st, 1964. The group trained and rehearsed in an air raid shelter. Their first production Ornitofilerne, by the Norwegian author Jens Bjørneboe, was shown in Norway, Sweden, Finland and Denmark. They were subsequently invited by the Danish municipality of Holstebro, a small town in the Northwest, to create a theatre laboratory there. They were offered an old farm and a small sum of money to begin. Since then Barba and his colleagues have made Holstebro the base for the Odin Teatret.

During the past thirty six years Eugenio Barba has directed 23 productions, some of which have required up to two years of preparation. Among the best known are Ferai (1969), Min Fars Hus (My Father’s House) (1972), Brecht’s Ashes (1980), The Gospel According to Oxyrhincus (1985), Talabot (1988), Kaosmos (1993) and most recently Mythos (1998).

Since 1974, Eugenio Barba and Odin Teatret have devised their own way of being present in a social context through the practice of theatre “barter”. Subsequently other forms of popular itinerant performing, including acrobatics and the grotesque, have become part of their dramaturgy.

In 1979 Eugenio Barba founded ISTA, International School of Theatre Anthropology. He is on the advisory boards of scholarly journals such as “The Drama Review”, “Performance Research” and “New Theatre Quarterly”. Among his most recent publications, translated into several different languages, are The Paper Canoe (Routledge), Theatre: Solitude, Craft, Revolt (Black Mountain Press), Land of Ashes and Diamonds. My Apprenticeship in Poland, followed by 26 letters from Jerzy Grotowski to Eugenio Barba (Black Mountain Press) and in collaboration with Nicola Savarese, The Secret Art of the Performer (Centre for Performance Research/Routledge).

Eugenio Barba has been awarded honorary doctorates from the University of Århus (Denmark), Ayacucho (Peru), Bologna (Italy) and the “Reconnaissance de mérite scientifique”, University of Montreal (Canada). He is also  recipient of: Danish Academy Award, 1980, Mexican Theatre Critics’ prize, 1984, Diego Fabbri prize, 1986. Pirandello International prize, 1996 and the 19th of April he received the Sonning Prize 2000 by the University of Copenhagen.



 

Eugenio BarbaDentro lo scheletro della balena, regia Eugenio BARBA

«Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona» (Mt 12,39). Uno spettacolo che viene da un altro spettacolo – Kaosmos – e si rinnova. Diventa conviviale e insieme segreto. In una sala dalla luce fioca, fra due bianche tavolate dove siedono 50 spettatori che mangiano pane e olive e sorseggiano vino, si svolge un «rituale vuoto». Lo scheletro è ciò che resta quando il teatro ha perduto tutto ciò che è fatto per essere visibile e raccontato, conservando però quel che lo regge dall’interno e lo tiene in piedi: le storie sotterranee che guidano gli attori; la relazione fra attori e spettatori; la ricerca di un contatto e di un vuoto fecondo, dal quale il senso, differente per ciascuno spettatore, possa emergere e zampillare. Di Kaosmos non ci sono più i costumi, né i colori, né gliMaschera Odin teatret accessori. Restano i disegni di tutte le azioni, senza gli oggetti che erano mossi e manipolati da quelle azioni. Gli attori hanno abiti quotidiani. Si muovono con una loro intensa ed interna necessità, le cui motivazioni rimangono oscure agli spettatori. I testi pronunciati dagli attori provengono in parte da Kaosmos e in parte dal Vangelo di Oxyrhincus. In quello spettacolo erano detti in lingue arcaiche e incomprensibili. Qui vengono tradotti: sono eretici e blasfemi, trasformano in modo nichilista le parole dei Sacri Libri. La condanna si traveste da speranza. O viceversa. Si direbbe che le tenebre si siano talmente condensate da emanare luce. Una luce nera. Una luce ferma, come un nocciolo di gioia. E in questa condivisa solitudine, il dramma – il significato delle azioni concatenate – prende forma e consistenza da qualche parte, nello spazio vuoto che unisce e distingue gli spettatori e gli attori.

Attori: Kai Bredholt, Roberta Carreri, Jan Ferslev, Tage Larsen, Iben Nagel Rasmussen, Julia Varley, Torgeir Wethal, Frans Winther. Drammaturgia e regia di Eugenio Barba.



Rituale per il secolo breve – regia Eugenio BARBA

Un mare senz’acqua. Un giardino di ghiaia. Un cimitero. Un sentiero che attraversa il tempo. Un terreno da cui fioriscono mani mozzate, come anemoni. Il campo dopo la battaglia: «Ricordo mia madre / e le rondini che volavano basse / sul campo dove la pioggia di aprile / dava un po’ di conforto agli assetati /nella tregua della notte dopo la battaglia. //Ricordo i lamenti d’addio / e le preghiere di nemici morenti, / gettati lì anche loro, / nemici al mattino, amici la sera, / indifferenti alla patria e alla gloria, / disingannati / dalla verità d’un proiettile./ Adesso tutti noi giaciamo nel fango /sopra di noi il volo basso delle rondini /ed ovunque silenzio

Una veglia funebre seppellisce la Rivoluzione, alla fine del secolo, e la trasferisce nell’arido mare dei miti, sull’arena dove Edipo incontra Odisseo; dove Medea si scontra con Cassandra; dove Orfeo accompagna Dedalo, che lamenta suo figlio caduto nel volo; e dove Sisifo fa e disfa eternamente il paesaggio.

I versi del poeta danese Henrik Nordbrandt si sono trasformati nei monologhi e nei dialoghi dei protagonisti degli antichi miti e del loro giovane fratello moderno: il mito della Rivoluzione. Quest’ultimo non smette di marciare anche dopo la morte: è incarnato da un ribelle sudamericano, un fante della «colonna Prestes».

Eugenio Barba ha pensato ad Edipo ed ai suoi compagni come ad «attori della ferocia». Scrive: «Possiamo immaginarli stanchi di uccidere e di essere uccisi, stanchi di rapire e distruggere, di violare ed essere violati. Ecco i protagonisti dei miti dell’antica Grecia che ripetono da millenni le loro azioni di ferocia».

Thomas Bredsdorff, consulente letterario per lo spettacolo, riflette a posteriori sul senso del lavoro: «L’Odin Teatret caparbio continua per la sua strada. Non ha mai definito se stesso un teatro “politico” quando tutti lo facevano. Oggi, invece, si definisce orgogliosamente così. Che cosa vogliono cambiare? Il teatro? Gli altri teatri non diventeranno mai come loro. Vogliono cambiare il mondo? E’ rimasto intatto, come trent’anni fa. Che cosa, allora?».

Attori: Kai Bredholt, Roberta Carreri, Jan Ferslev, Tage Larsen, Iben Nagel Rasmussen, Julia Varley, Torgeir Wethal, Frans Winter.

Drammaturgia e regia di Eugenio Barba



 

Eugenio BARBA da “ La Corsa dei Contrari”

…”Uno dei fenomeni più importanti della storia del teatro moderno, la Commedia dell’Arte, è sorto dall’esigenza di alcuni uomini di mettersi insieme. Erano persone che avevano sempre fatto mestieri giudicati infamanti o “bassi”: buffoni, ciarlatani, saltimbanchi, acrobati e prestigiatori di piazza. Oppure uomini e donne dalla vita sregolata, che cioè infrangevano apertamente le regole dominante

Questi individui – i primi attori di professione del tempo moderno – hanno trasformato la loro devianza, la loro “asocialità” riunendosi in gruppo. Hanno socializzato la loro differenza. Hanno “inventato” una nuova forma di teatro per difendersi. O meglio: il loro modo di difendersi. di conquistare un più dignito­so livello di vita. di imporre all’esterno il diritto di essere rispettati moralmente e culturalmente ha dato come risultato una forma di teatro che gli spettatori del tempo, colti ed incolti, e poi gli storici hanno considerato nuova e originale dal punto di vista artistico.

Ma non era una nuova arte. Era un nuova micro-cultura. che nasceva dal lavoro collettivo di uomini che fino ad allora erano vissuti dandosi isolatamente in spettacolo. Ma gli storici del teatro – a cominciare dal ‘700, mentre la Commedia dell’Arte era ancora viva – travisarono questo processo storico dietro l’immagine di un teatro che aveva fatto una scelta estetica o di “linguaggio”: que1la dell’improvvisazione o quella del gesto al posto della parola. Dal. punto di vista degli spettatori colti, che scrivevano, la funzione della Commedia dell’Arte fu di rappre­sentare, nella cultura del tempo, i diritti della fantasia, il piacere di un gioco teatrale svincolato dai legami della verosimiglianza..

Dal punto di vista degli attori, la sua funzione fu di forzare il recinto dell’emarginazione, di coprire, al di là della discriminazione sociale, una forma di socialità senza per questo dover accettare le norme della morale riconosciuta…”

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da Stanislavskij a Grotowski e all’ Odin Teatret di Eugenio Barba - seminario diretto da Sandro Conte

 

“Bisogna ammettere nell’attore l’esistenza di una sorta di muscolatura affettiva corrispondente alla localizzazione fisica dei sentimenti” (A. Artaud; Il teatro e il suo doppio, pag 242).

 

Dal momento che il gesto psicologico è composto dalla volontà, permeata di qualità, può facilmente comprendere ed esprimere la completa psicologia del personaggio.

 

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