SCARPETTA Miseria e Nobiltà

SCARPETTA Miseria e Nobiltà

commedia del 1887

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Il più grande successo di Scarpetta fu “Miseria e nobiltà” (1887),

che in seguito ebbe tre trasposizioni cinematografiche, memorabile fu quella del 1954 con Totò.

La commedia fu scritta unicamente per permettere la partecipazione del figlio dodicenne Vincenzo, che nella prima rappresentazione recitò nel ruolo di Peppiniello.


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Scarpetta Miseria e NobiltàSCARPETTA Miseria e Nobiltà

la commedia

Se volessimo trovare un sottotitolo a Miseria e Nobiltà, forse il più adatto potrebbe essere: “ovvero: sulla Fame”. Non sulla “Fama”, ma sulla Fame. Fame intesa non come momento intellettuale: fame di giustizia, fame di cultura, fame di sapere, ma più prosaicamente come mancanza di cibo: Fame!

Rimane infatti nella memoria la scena finale del primo atto: non c’è niente da mangiare e ogni tentativo di procurarsene è miseramente fallito. Quando all’improvviso, come nati da un sogno profumato, entrano un cuoco e due servitori portando con se ogni ben di Dio.

Sogno? Realtà? Incubo pronto a svanire al risveglio?  I personaggi non formulano nessuna domanda, non c’è un mondo ulteriore in cui indagare, come in tutto il teatro di Scarpetta in cui l’unico obiettivo è far ridere, e nessuno si chiede da dove provenga quanto gli viene offerto.

Come un predatore in agguato che ha un solo obiettivo: mangiare, tutti si gettano sugli spaghetti fumanti. La scena condensa e sintetizza la tragedia di un popolo, come meglio non potrebbe fare neanche un trattato di antropologia.

Per concludere: il testo non contiene battute fulminanti, è privo di particolari calembour, eppure risulta esilarante. Di conseguenza non è tanto quello che i personaggi dicono o fanno a decretare il suo successo, ma sul “come” lo dicono o lo fanno. Non a caso tutto il cinema di Totò, erede della tradizione della Commedia dell’Arte, si basa proprio sul “come” e non sul “cosa”.


 

Scarpetta Miseria e Nobiltà

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La trama

La trama è esile, quasi irrilevante, un pretesto per la gags di questo o quel protagonista che si ritrovi ad incarnare l’eterna maschera di Felice Sciosciammocca.

Il nobile Eugenio ama Gemma, figlia di un cuoco arricchito. Il padre di Eugenio, marchese Favetti, ostacola il matrimonio proprio per le umili origini di Gemma. Eugenio allora si rivolge a Felice, scrivano,e Pasquale, uno spiantato, i quali con le loro rispettiva famiglie si fingono parenti nobili di Eugenio. Il tutto si complica perché il vero Marchese Favetti è anche lui innamorato di Gemma e ne frequenta la casa sotto lo pseudonimo di Don Bebè. Il figlio Eugenio lo scopre e minaccia uno scandalo per ottenere il consenso del padre alle nozze.


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i PERSONAGGI

Felice Sciosciammocca
Pasquale ‘o salassatore
Eugenio, figlio del Marchese Favetti
Marchese Ottavio Favetti
Gaetano
Gemma, sua figlia
Luigino, figlio di Gaetano
Concetta, moglie di Pasquale
Luisella, moglie di Felice
Bettina
Pupella, figlia di Pasquale e Concetta
Gioacchino Castiello
Vicienzo
Biase
Peppeniello, ragazzo di 8 anni figlio di Felice
Due facchini che non parlano


SCARPETTA Miseria e Nobiltà

Scheda riassuntiva

  • Titolo: Miseria e Nobiltà
  • Autore:   Eduardo SCARPETTA
  • Elaborazione e traduzione in Italiano:   Sandro Conte –  copione depositato SIAE
  • Atti  3
  • Genere  commedia
  • Durata   120′
  • Personaggi    15 (9 uomini,  5 donne e un ragazzo)
  • Ambientazione    primi ‘900

SCARPETTA Miseria e Nobiltà

La nostra elaborazione/traduzione

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La descrizione originale della scena, che abbiamo mantenuto integra, oggi sembra completamente avulsa da tutto il teatro contemporaneo, eppure questo ne è proprio il suo valore, come irripetibile momento storico.

Nell’elaborazione al testo abbiamo lavorato quasi esclusivamente sulla sua traduzione in Italiano. Alcuni termini dialettali intraducibili sono stati conservati, quando il loro significato si evinceva dal contesto. Pochissimi i tagli al testo. Ci è infatti sembrato doveroso conservare il perfetto intreccio ordito da Scarpetta.


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