Eugenij ONEGIN nelle lettere di CAIKOVSKIJ

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1450 iscritti / anno IV,  n ° 24 / novembre/dicembre 2005


Eugenij OneginEugenij ONEGIN nelle lettere di CAIKOVSKIJ

“Egli non ebbe religione nè esteriore, nè interiore, non ebbe sentimenti morali elevati e provava quasi soddisfazione a mostrare del cinismo…deridere con cattiveria tutte le fedi e i riti religiosi, il rispetto per i genitori, i legami di parentela, tutti i rapporti sociali e familiari…Puskin si abbandonò a Pietroburgo a depravazioni di ogni genere, passando giorni e notti in un’ininterrotta catena di bagordi e di orge…una tale vita lo condusse più di una volta sull’orlo della tomba”, sono questi brevi stralci di chi conosceva bene Puskin, eppure sembrano la descrizione del personaggio protagonista dell’ Evgenij Onegin. Testo che segnerà una svolta nella letteratura russa sancendo la nascita di quel realismo che “prende il sopravvento e lascia un solco dietro di sé che sarà seguito da generazioni di grandi scrittori: Gogol, Dostoevskij, Goncarov, Tolstoj...”

Ma “che cosa porta a definire Onegin un capolavoro? La storia di due anime che si inseguono e non si incontreranno mai? La forma spaventosamente perfetta ed equilibrata” del suo verso? “Le sorprendeti concomitanze biografiche che hanno con l’intreccio ed i personaggi i due autori che legarono ad esso il proprio nome e, di fatto, le proprie fortune (sfortune) ?”

Aleksandr Sergeevic Puskin comincia la stesura del primo capitolo del suo romanzo in versi nel 1823″ e lo terminerà solo nel 1830, “7 anni, 4 mesi, 17 giorni”, annoterà il poeta.

L’incontro di Caikovskij con l’Onegin avviene casualmente. Il musicista “trascorre una serata da amici a casa di quell’Elizaveta Lavròskaja che è nota cantante e che glielo suggerisce come soggetto per una nuova opera. Stupefatto e spaventato di andare a toccare ciò che era considerato il Verbo, quella sera stessa il musicista corre a cercare il libro. Legge il romanzo tutto d’un fiato e trascorre una notte insonne”…dopo due giorni avrà già pronto un canovaccio.

In questa newsletter presentiamo alcune lettere del musicista: la singolare coincidenza della lettera inviatagli dalla sua futura moglie con la lettera che nel romanzo Tat’jana invia ad Onegin; la serata da una nota cantante che gli fa balenare l’idea di musicare il poema; il realismo in letteratura; le critiche all’Aida di Verdi; le lodi alla Carmen di Bizet.

Ringraziamo l’editore Transeuropa per il permesso alla pubblicazione.

Buona Lettura



 

 

Eugenij Onegin
I. E. Repin: Il duello tra Onegin e Lenskij.

 

Eugenij ONEGIN nelle lettere di CAIKOVSKIJ

A Nikolaj Kaskin

In aprile o ai primi di maggio del 1877 ho ricevuto una dichiarazione d’amore sotto forma di una lettera abbastanza lunga: veniva da Antonina Miljukova che diceva di essersi innamorata di me per la prima volta alcuni anni fa, quando era studentessa al Conservatorio… Ero sinceramente preoccupato in quel periodo dal pensiero di Evgenij Onegin, cioè di Tat’jana, la cui lettera mi aveva indotto a comporre l’opera. In assenza di qualsiasi libretto, ma persino di qualsiasi schema generale, ho cominciato a scrivere l’aria della lettera spinto al lavoro da un’irresistibile necessità emotiva, al culmine della quale non solo ho dimenticato Antonina Miljukova, ma ho perfino persa la lettera… Me ne sono ricordato soltanto quando… ne ho ricevuta una seconda. Ero completamente assorbito dalla mia composizione e mi ero avvicinato così bene al personaggio di Tat’jana che lei e tutto ciò che la circondava avevano cominciato a sembrarmi reali. Amavo Tat’jana ed ero terribilmente arrabbiato con Onegin che vedevo come un bellimbusto freddo e privo di cuore. Quando ho ricevuto la seconda lettera mi sono vergognato e sono arrivato persino a odiarmi per il mio atteggiamento verso la signorina Miljukova… Tutto questo nella mia mente si è associato alla mia immagine di Tat’jana e mi è parso di comportarmi molto peggio di Onegin…

NOTA: Tat’jana è la protagonista del romanzo di Puskin

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Eugenij ONEGIN nelle lettere di CAIKOVSKIJ

 

Eugenij Onegin

Tatiana, illustrazione di Elena Samokysh-Sudovskaya. 1900-1904

 

Al fratelllo Modest, 18 maggio 1877

Sono stato da!la Lavròvskaia e la conversazione cadde sui libretti d’opera. Un tale ne diceva di tutti i colori, suggerendo cose spaventose; e la Lavròvskaia taceva, limitandosi a ridere. Ma d’improvviso osservò: “E l’Evgenij Onegin?”. Presi l’idea come una curiosità, e non risposi. Ma poi, mentre pranzavo da solo al ristorante, quelle parole mi tornarono alla mente e l’idea, e considerarla, mi parve niente affatto ridicolo. Presto mi decisi a mettermi subito in cerca delle opere di Puskin. Trovarle non fu tanto facile; ma a leggere quella ne rimasi incantato. Passai una notte insonne; e il risultato fu uno schema di una deliziosa opera basata sul testo di Puskin…

Non puoi avere idea di come io sia impazzito per questo soggetto. Che bellezza evitare i soliti faraoni, principesse etiopi, coppe avvelenate e il resto di queste storie di burattini! L’Evgenij Onegin è pieno di poesia. Vedo i suoi difetti: so bene che non lascia grande spazio a eventi, e mancherà di effetti teatrali; ma la ricchezza della sua poesia, la sua semplicità e umanità, insieme con gli ispirati versi di Puskin, compenseranno qualsiasi manchevolezza.

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Eugenij ONEGIN nelle lettere di CAIKOVSKIJ

Eugenij OneginA Nadezda von Meck, 30 agosto 1877

Mi chiedete della mia opera. Non ho progredito molto, comunque ho scritto la strumentazione della prima scena del primo atto. Adesso che il primo ardore si è estinto e posso già rivolgermi obiettivamente a questa composizione, mi pare che essa sia destinata al fallimento e alla disattenzione della massa del pubblico. Il contenuto è molto ingenuo, non c’è nessun effetto scenico, la musica è priva di splendore e di elaborati artifici. Tuttavia mi pare che alcuni eletti, ascoltando questa musica, saranno forse commossi dalle stesse sensazioni che mi hanno turbato quando l’ho scritta. Non intendo con questo dire che la mia musica è così eccellente da essere inaccessibile per le spregevoli masse. Secondo me, bisogna scrivere obbedendo alla propria immediata inclinazione, non pensando affatto a compiacere una parte o l’altra dell’umanità. Ho scritto l’ Onegin senza nessuno scopo secondario. Ma cos’è successo, che l’Onegin non presenterà interesse per il teatro. Per questo coloro per i quali la cosa più importante in un’ opera è il movimento scenico, non ne saranno soddisfatti. Ma chi sta cercando in un’ opera, – espressi dalla musica – sentimenti non tragici e teatrali, ma ordinari, semplici, comuni a tutti gli uomini, può, lo spero, essere soddisfatto dalla mia opera. In una parola, essa è scritta genuinamente, e io ripongo tutte le mie speranze in questa genuinità.

Se ho commesso un errore, scegliendo questo soggetto, ovvero se la mia opera non entrerà nel repertorio, questo mi amareggerà molto. Questo inverno ho avuto alcune interessanti conversazioni con lo scrittore conte L.N. Tolstoj, che mi hanno rivelato e chiarito molto. Egli mi ha convinto che un artista il quale produce non per impulso interiore, ma si basa su un calcolo sottile sull’effetto, che sforza il suo talento per piacere al pubblico e si costringe a compiacerlo, non è un vero artista, le sue opere non sono solide, il suo successo è effimero.

lo sono pienamente convinto di questa verità

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Eugenij ONEGIN nelle lettere di CAIKOVSKIJ

A Sergej Taneiev, 2 gennaio 1878

Molto probabilmente nel dichiarare che la mia opera non farà effetto in teatro avete tutte le ragioni. Eppure vi dirò che per questo effetto non darei un soldo. Che io non possegga una vena drammatica è ormai un fatto accertato e non me ne inquieto più. Se quest’ opera non è adatta al teatro si farà a meno di eseguirla, ecco tutto: io l’ho composta soltanto perché mi sentivo spinto a esprimere in musica tutto quello che nell’ Eugenij Onegin mi pareva realmente questa espressione. E ho fatto del mio meglio, lavorandoci con piacere ed entusiasmo indescrivibili, ma pensando ben poco a cose come sceneggiatura, effetto e simili.

Sull’ effetto io ci sputo! E poi, cos’ è l’effetto? Per esempio, se l’Aida fa effetto, io vi assicuro che non comporrei un’opera su un soggetto simile per tutto l’oro del mondo: perché voglio avere a che fare con esseri umani, non con fantocci. Volentieri scriverei un’ opera completamente priva di effetti sensazionali, ma che offrisse come personaggi dei miei simili, tali ch’io potessi condividerne e intenderne i sentimenti. Nei sentimenti di una principessa egiziana, di un faraone o di qualche nubiano pazzo io non sono capace di entrarci: non li capisco. Tuttavia un istinto mi dice che costoro devono aver sentito, agito, parlato, espresso se stessi in modo del tutto differente da noi. Perciò la mia musica, la quale – contro il mio volere è impregnata di schumannismo, wagnerismo, chominismo, glinkaismo, berliozismo e di tutti gli altri ismi del nostro tempo, con i personaggi dell’Aida sarebbe così spaesata come gli eleganti dialoghi degli eroi di Racine – in seconda persona plurale – sono inadatti agli Oresti e alle Andromache della realtà. Una tale musica sarebbe un falso, e io aborrisco i falsi.

Inoltre raccolgo i frutti delle mie insufficienti letture. S’io avessi una migliore conoscenza della letteratura straniera avrei certo scoperto un soggetto adatto sia alla scena che al mio gusto. Disgraziatamente non son capace di fare cose del genere per conto mio, né conosco qualcuno che avrebbe potuto richiamare la mia attenzione su un soggetto come quello, per esempio, della Carmen di Bizet, una delle opere più perfette dei nostri giorni. Voi mi domanderete che cosa vado cercando. Ve lo dico subito. Anzitutto niente re, niente folle, niente dèi, niente marce pompose: in una parola, niente di quelle cose che costituiscono gli attributi del grand opéra. lo cerco un dramma intimo anche se emozionante, basato su un conflitto di circostanze quale io stesso abbia potuto sperimentare od osservare, un conflitto che possa toccarmi sul vivo. Non ho niente da dire contro l’elemento fantastico, perché non è una limitazione, ma al contrario apre una illimitata libertà.

Forse non mi spiego troppo bene. Per farla breve, sento Aida così lontana, il suo amore per Radamès mi commuove così poco (dal momento che non riesco a ritrarlo dentro di me) che con un simile soggetto la mia musica mancherebbe del colore necessario. Non molto tempo fa ho visto a Genova L’Africana. Questa povera africana, quante ne deve patire! Schiavitù, prigionia, morte sotto un albero avvelenato, e all’ultimo la vista della rivale trionfante; eppure non mi ha fatto compassione neanche un momento! E quanti effetti: una nave, una battaglia, ogni sorta di imbrogli! Ma poi, a che servono?

[. . . ] L’opera Onegin non avrà mai successo: di questo sono già sicuro. Non troverò mai cantanti capaci di rispondere neanche in parte alle mie esigenze. La routine che domina i nostri teatri, le esecuzioni senza capo né coda, il sistema di mantenere in servizio gli artisti invalidi negando possibilità ai giovani: tutto questo impedisce alla mia opera di salire su un teatro. Preferisco molto affidarmi al teatro del Conservatorio: in ogni caso qui si evita la routine dell’ opera, e anche i fatali invalidi d’ambo i sessi. Inoltre le rappresentazioni al Conservatorio sono private, en petit comité. Questo conviene meglio al mio modesto lavoro, che non chiamerò “opera”, se sarà pubblicata; piuttosto mi piacerebbe chiamarla “scene liriche”, o qualcosa del genere. Quest’opera non ha avvenire! Ne sono stato perfettamente consapevole nello scriverla; tuttavia l’ho portata a termine e la presenterò al mondo se Jurgenson vorrà pubblicarla. Ma non farò nulla perché sia data al Marinski, al contrario mi opporrò a questa idea finché mi sarà possibile. Essa è il risultato di un invincibile impulso interno; e vi assicuro che un’ opera si può comporre solo in queste condizioni. Agli effetti teatrali bisogna pensare solo fino a un certo punto. Se il mio entusiasmo per l’Evgenij’ Onegin mette in evidenza i miei limiti, la mia stupidità e la mia ignoranza delle esigenze della scena, mi dispiace tanto; ma infine affermo che la musica procede letteralmente dal mio interno. Non si può fabbricare o forzare.

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Eugenij ONEGIN nelle lettere di CAIKOVSKIJ

Al fratello Modest, 27 maggio 1878

Ieri ho suonato tutto l’Evgenij Onegin, dal principio alla fine. Il solo ascoltatore era l’autore. E quasi mi vergognavo di quello che sto per confidarti in segreto: l’ascoltatore si commosse fino alle lagrime, e fece all’ autore mille complimenti. Se le platee future davanti a questa musica sentissero ciò che l’autore ha sentito!

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