E. DECROUX: Non importa la bottiglia, da “Parole sul Mimo”

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1650 iscritti / anno VII,  n ° 41 / settembre/ottobre 2008


Etienne DecrouxE. DECROUX: Da “Parole sul mimo”

“Non importa la bottiglia, purché ci si ubriachi…”

capitolo XVI, Ed. Dino Audino

Decroux riporta il proverbio che da il titolo a questa newsletter per poi affermare il suo contrario: “…il modo in cui si dà vale più di quello che si dà”, ed ancora: ” Quindi guardate soprattutto come il mimo si china per cogliere un fiore. È questo l’importante, perché solo questo ci dice ciò che è utile sapere, e non che un fiore che prima era nel prato adesso è sul petto.”

Un breve, delicato testo sull’arte del “come” e non del “che cosa”, tratto dal capitolo XVI di “Parole sul Mimo” di Etienne Decroux.

Ringraziamo l’editore DINO AUDINO per il permesso alla pubblicazione.

Buona Lettura


VIDEO PRESENTAZIONE  https://youtu.be/fdRhucv6dWc



Etienne Decroux: Parole sul mimoE. DECROUX: da “Parole sul mimo”

“Non importa la bottiglia, purché ci si ubriachi…”

capitolo XVI, Ed. Dino Audino

Il giardino delle belle arti non è un orto

C’è la forma e c’è la sostanza, si dice quando si parla di arte.

Si dice anche: il modo e l’idea, lo stile e la storia, la forma e il contenuto. .

Impostato il problema, fermiamoci sul seguente proverbio:

“Non importa la bottiglia, purché ci si ubriachi».

Si suppone allora che l’ubriachezza sia dovuta esclusivamente al liquido che è «contenuto» dentro la bottiglia.

Sarebbe quindi il contenuto a dare l’ubriachezza.

Eppure la mente può inebriarsi alla vista della bottiglia e a causa della sua forma. Si sa che ci sono vasi che non contengono niente. Davanti ai commoventi vasi di porcellana del Neuchatelois Boniface, tutti di un nero brillante, non vogliamo sapere che cosa dovrebbero contenere: sono contenitori senza contenuto.

Non basta che siano melodie di linee o accordi? Che modulino nell’immobilità, come una campana per gli occhi?

Passando davanti ad essi sembra di veder passare davanti a noi dei personaggi:

una comare appagata del suo ventre pasciuto, un borghese dal collo possente deciso a non muoversi, un atleta che ha nel petto un pallone sferico che tende a salire, una civetta puritana dal colletto rigido. Ed ecco la giovincella che, in appoggio su un piede arcuato, si stupisce prima di volare via.

L’orifizio di questi vasi è un artificio: è una bocca, o è un occhio, oppure il cerchio formato da due braccia congiunte in tondo?

Bocca dalle grandi braccia aperte per accogliere la pioggia, braccia malfidate che si stringono su un tesoro liquido, labbro che si tempra per la finezza del gusto. Ecco il nostro pianeta, è la Terra in persona: commerciante arricchita, cieca alle mani tese, oppure distratta intenerita che si lascia frugare in tasca. Si espande o si slancia o si rannicchia o si tende o s’abbarbica

Tutta la nostra storia è là in quello stile.

Lo stile è una storia.

La superficie delle cose sarebbe quindi la loro forma e quindi la sostanza delle cose. un contenitore sarebbe il contenuto o per lo meno il «bene» tenuto, il modo sarebbe l’idea stessa.

Brocca o vaso cinese: bisogna scegliere.

Il vaso potrebbe benissimo diventare brocca e contenere quello che serve per spegnere la sete.

Ma vi disseterete solo con l’acqua che scorre sulla sua forma esteriore e l’accarezza e la rivela. L’arte è un lusso della mente.

Tutti i vasi, per quanto varia la loro forma, potrebbero riempirsi con lo stesso liquido. Avrebbero quindi lo stesso «contenuto», la stessa storia, e vorrebbero dire la stessa cosa. Nient’altro allora li distinguerebbe se non la forma. Ma la loro forma è l’unica cosa che esce dalle mani dell’artista.

Così, a rivaleggiare col proverbio citato, ne è nato uno altrettanto chiaro: «il modo in cui si dà vale più di quello che si dà».

Ma questo modo è solo forma, mentre l’oggetto che si riceve è tutta la sostanza. Ne discende che per un’anima superiore: il modo di fare vale più del fare. Da che cosa dipende? – Dal fatto che l’essere supe­riore prevede il futuro.

Il presente è quello che mi viene donato (mi viene fatto un presente); il futuro è ciò che mi sarà donato. Ora, cos’ è che mi fa indovinare che cosa mi sarà dato? – il modo. Perché il modo è una promessa se ani­mato dalla bontà. Ma può essere una minaccia. Se è insolente o brutale, ci fa dire con ironia: promette bene. Chi dà, può dare per calcolo, o per la gioia di umiliare, o ancora per sbadataggine.

Quindi guardate soprattutto come il mimo si china per cogliere un fiore. È questo l’importante, perché solo questo ci dice ciò che è utile sapere, e non che un fiore che prima era nel prato adesso è sul petto.

In tutto il nostro spettacolo, non c’è un gesto che non sia stato ripetuto cento volte per avere il diritto di essere mostrato.

Non punite il nostro sforzo ignorando i nostri risultati per dedicare eccessiva attenzione a trovare qualcos’altro.

(Londra, agosto 1952)

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