Sandro Conte: Bizzarra Storia di una Lacrima, romanzo

Sandro Conte: Bizzarra Storia di una Lacrima, romanzoSandro Conte: Bizzarra Storia di una Lacrima, romanzo

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Sono una favola che si sente ora mito, ora leggenda,

e quando, finalmente, prende coscienza di sé,

crede di essere un sogno


Argomento

Se…

…giorno d’estate, all’improvviso sulla spiaggia: l’incontro con un viandante sconosciuto;

…e come lui, nero, mercante d’infinito, e come l’altro, bianco, apatico e indolente, raccontino la loro storia ed altre storie.

…Sul mistero che si cela dietro una promessa non mantenuta e nel cuore di una piccola lacrima salata;

…e quale sia della Collana di Perle l’incredibile Viaggio, quale il segreto del Fuoco ed altri sortilegi….

…Se



Il romanzo di Sandro Conte racchiude più “Storie”, sotto elencate. Ognuna ha la sua autonomia e quindi può essere letta da sola, ma contemporaneamente tutte sono funzionali allo svilupparsi del romanzo stesso.

  • Storia ad incastro di Tre Vasi e di un Vasaio che parlava alle stelle…
  • Storia vagabonda di Giorgio l’Astronauta…
  • Storia di Filippo il Capostazione…
  • Storia a Testa in giù di Nicola l’Acrobata…
  • Storia di Federica…
  • La Meravigliosa Storia del Fuoco…
  • Storia senza Sbocco…
  • Storia Rotonda…
  • Storia di una Valle…
  • Storia di un Uomo, della sua Minestra e di un Contratto…
  • Storia Scapigliata di un Ragazzo Polveroso e della sua Ricerca….
  • Stravagante Storia della Collana di Perle e del suo Viaggio Infinito…

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La storia qui riportata è parte integrante del romanzo, ma ha la sua autonomia e quindi può essere letta da sola, ma contemporaneamente, come tutte le altre, è funzionale allo svilupparsi del romanzo stesso.

…Storia ad incastro di Tre Vasi e di un Vasaio che parlava alle stelle…

-Che lavoro faceva al suo paese?-

-Il vasaio!-

-Gli artigiani sono sempre meno, quasi non esistono più…-

-Da noi non è così. Dovevo lavorare e qualcuno m’indicò il Vasaio che era nato nella terra tra i due fiumi, quello che aveva la bottega in fondo al paese, nella strada pol­verosa, cercava un aiuto.-

Ascoltavo con sempre crescente interesse, come se quel racconto allontanasse, come un reietto, il mio sordido torpore.

-Un giorno, mi ero coperto il viso per non respirare tutta quella polvere, mi si vedevano solo gli occhi.-

-Come un gatto nella notte?-, aggiunsi sorridendo, ero ormai sveglio.

-Già, proprio come un gatto nella notte, anche se era giorno…sono en­trato nella sua bot­tega per vedere anch’io quello che nel villaggio era sulla bocca di tutti: il più grande e bel vaso che un uomo avesse mai plasmato. Era lì, al centro della bottega, a far bella mostra di sé. Gli giravo intorno, ammirato da tanta imponenza, poi chiesi: “Maestro, come ha fatto?” Il Vasaio, rispondendomi, ne parlava come si parla di un figlio: “…Vedi, lui, il mio Vaso, era qui dentro…”, e indicava una grande massa d’ar­gilla da cui era nato, “…l’ho tirato fuori con le mie mani, l’ho un po’ aiuta­to a nascere, come si fa con i bambini, da solo non ce l’avrebbe mai fatta…”, mi mostrava i calli e le pieghe delle sue mani con le quali l’aveva modellato sulla ruota; percorreva con le dita gli innumere­vo­li segni con­centrici dell’argilla che, come in un albero millenario, gli davano identità e imbrigliavano il tempo all’istante della sua nascita; il forno in cui l’aveva cotto era l’immenso utero dal quale era stato partorito. Mi ero avvici­nato a quel vaso con ammira­zione e rispet­to, con curiosità ed interesse avevo bussato con le dita sulla sua super­ficie ma, sorprendentemente, mi ritornava un suono sordo, poco piacevole, privo di vita, cupo. Come me fa­ce­vano tutti quelli che entra­vano nella bottega: ammiravano dapprima, poi davano dei colpetti sul Vaso, ascoltavano quel suono buio, cieco, e an­davano via. Così il Vaso più grande e bello che mai uomo avesse costruito ri­maneva invenduto.-

-E allora?-

-Allora il Vasaio ebbe un’ottima idea: costruì un Vaso più piccolo, lo costruì col cuore, provando gioia e dolore, sentendo il sangue scorrergli nelle vene e la Terra sotto i piedi dargli la forza delle braccia. Mentre l’ar­gilla si modellava nelle sue ma­ni, verso il Vaso flui­va tutta la felicità di chi ride, l’ira del collerico, tutta la forza del forte, l’au­dacia dell’eroe e il dolore di chi piange…-, si interruppe un solo attimo, poi continuò, -…lo co­lorò di rosso fuoco e lo infilò, leggero, dentro al grande bel Vaso vuoto dal suono sordo: c’entrava perfettamente, fino a sparirci dentro.-

-Il Vaso grande conteneva completamente il Vaso piccolo?-

-Sì, è così! Tornando nella bottega provai, come tutti, di nuovo a bussarci sopra con le dita: ora il suono del grande Vaso sembra­va avere finalmente un cuore, bat­teva, pulsava come un forte sentimento che sta per sbocciare, come una canzone sussurrata all’orecchio di un Dio e da questi rimandata sulla Terra in forma di suono; ma tutto questo ancora non bastava a farlo vendere!-

-Perché, cos’altro ci voleva?-, aggiunsi, abituato solo alle vendite promozionali.

-Cosa ci volesse, questo proprio, io ancora non lo sapevo. Ma il Vasaio, ogni sera, prima di chiudere la sua bottega mi portava in quello che lui chiamava “il mio osservatorio”: una specie di capanna, senza pareti né tetto, da cui osservava le stelle. Da lì, pieno di devoto rispetto, mi aveva in­segnato a riconoscere Orione, la Via Lattea, l’Acquario, Andromeda, aveva­mo seguito mille stelle cadenti. Era quella la sua finestra sull’universo da cui sembrava dialogare con lo spazio; piano piano, sera dopo sera, anche a me, leggero e silenzioso, come senza peso, pareva di staccarmi dalla capanna, dal “suo osservatorio”, dal nostro villaggio, dalla Terra tutta, parte anch’io di quel Nulla infinito a cui mi sentivo sempre più vicino…-, si interruppe un attimo, i suoi occhi volavano, forse seguendo una cometa incontrata chissà quando, poi riprese sincero: -…eppure, io stesso non ne capivo ancora il perché..-

-Infatti, perché?-

-Insieme passavamo notti intere parlando una lingua tutta nostra: osservavamo in silenzio, indicando con il dito, sorridendo quando l’altro non trovava la stella che, ad uno dei due, sembrava così evidente tra i milioni di lontani bagliori risplendenti. Allora le stel­le e la Luna ci attraversavano il cuore ed io im­paravo ad origliare alle vo­ci più profonde del mio io. Il Vasaio indirizzava il suo sguardo e quando, finalmente, aveva trovato quello che cercava m’invi­tava a puntare il mio occhio. Dopo un po’, quando solo il mio corpo era ormai rimasto nella capanna, nell’ “osservatorio”, ed invece io vagavo, complici i miei occhi, chissà dove, tra galassie profumate e sordide bettole spaziali, allora Lui mi insegnava a trattenere il respiro per ascol­tare il respiro dell’universo, a deglutire lentamente per gustare il polline dei venti celesti, a cancellare i battiti del mio cuore per assaporare il pulsare del mondo, lentamente ad inspirare, len­tamente ad espirare per sentire dove abi­tano gli Dei. Una sera, quando finalmente ca­pì che stavo andando oltre quel­lo che chiunque avrebbe visto con i suoi occhi materiali, mi comandò rapido: “Presto, è questo il momento…”, seguendo i suoi ordini afferrai l’argilla e cominciai a modellarla, “…Guarda e ascolta, osserva e senti come le stelle ti par­lano. Di lontano inviano messaggi, bisbigliano celesti disegni, sussurrano inverosimili astrazioni…”. Sì, pro­prio questo diceva il Vasaio, ed io, immerso nella notte, al centro di quel nero planetario dai mille occhi scintillanti, ascoltavo e osservavo, osservavo e ascoltavo e plasmavo l’argilla: senza passione, senza dolore, senza gioia, senza desiderio, puntando le stelle che erano tiz­zoni ardenti, sentendomi pic­colo, infinitamente piccolo, ascol­tando come vanno le vie del vento e i segreti misteri che go­vernano il flusso della vita, intanto esploravo con gli occhi e, avido di conoscenza, spiavo ancora verso l’alto, dove intuivo che quegli infiniti punti luminosi mi salutavano con la concisione perfetta della Sillaba Divina …Dopo qualche istante, in cui non so bene cosa avessero fatto le mie mani, mi ritrovai davanti un piccolo Vaso “nato” quasi per caso, frutto delle mie mani guidate dalle stelle.

Lo colorammo di blu.

Questo piccolo Va­so blu, entrava perfettamente nel Vaso rosso dal cuore pul­san­te, ed entrambi scom­parivano nel grande, bel Vaso, dal suono sordo.-

-Il grande Vaso conteneva il rosso che conteneva il blu?-

-Sì. Ora, al battere delle dita sulla superficie, il grande bel Vaso sembrava aver ac­quistato vita, echeggiava di voci lontane, di sogni mai fatti, di remoti pensieri, di promesse mantenute, di desideri inespressi. Solo adesso, il più grande e bel vaso che un uomo avesse mai plasmato, era pronto per essere ven­duto…io decisi che quella bottega era il posto giusto per imparare un lavoro –

-Vorrei tanto comprarlo…-, dissi assorto, io che, in genere, non desideravo mai nulla, ed adesso, invece, ero sincero.

-Oh, signore, non si è ancora trovato un uomo il cui cuore fosse così ricco da poterlo avere…

-“Incredibile, che storia è mai questa…?”, pensai ed il pensiero era muto, fermo, si concentrava su quei denti bianchi che risaltavano sul suo sorriso nero, mentre attimi di silenzio bruciavano i nostri occhi che s’incrociavano nella calura. Quell’uomo mi aveva condotto, quasi per mano, dove desiderava portarmi, o forse dove io stesso volevo essere condotto, ed adesso era come se ci fossi stato anch’io nella bottega del Vasaio, come se anch’io avessi plasmato l’argilla e parlato alle stelle con il linguaggio del cuore; sì, volevo ascoltare ancora le storie dell’uomo di colore e avrei fatto di tutto per non farlo andar via!

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