Questo testo teatrale si muove all'interno dell'antichissima, forse solo apparentemente drammatica, contrapposizione tra amore e morte, in un rapido crescendo che porta a riconsiderare con animo magnanimo l'ineludibilità, l'immodificabilità di molti degli atti dell'umana esistenza.
La fusione finale tra la fine fisica e l'amore che propone questo testo è ardita, ma riusciamo a riconoscerci in essa, poiché è sorretta, questa arditezza, da una logica stringente seppure disincantata. Una logica ancora più serrata ed accettabile, perché formulata con un uso sorprendente ed un poco paradossale di un linguaggio continuamente intriso di lirismo; poeticità che comunque è coerente con lo scopo che si avverte nitido di rendere meno intensa la crudezza degli intendimenti finali espressi e poi concretizzatisi.
Intendimenti quindi che riescono a rimanere, nel serrato dialogo tra i protagonisti di questo Dramma teatrale in un unico Atto e cioè Lucere, Ortello e Gianea, a loro volta mediati dalla Presenza Narrante, dicevo che riescono a rimanere questi intendimenti alquanto privi di possibili incertezze o ripensamenti, essendo imprigionati e finalizzati questi dialoghi verso l'alveo conclusivo dell'unica inconfutabile certezza che tutto accomuna ed omologa: e cioè l'inevitabilità del tramonto finale di ogni singola esistenza.
Riccardo Rossi Menicagli, è uno scrittore e pittore italiano che vive a Firenze. Ha iniziato a pubblicare nel1988, all'età di trent'anni.