Franz KAFKA: America, Il Castello, Il Processo.

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1000 iscritti / anno II,  n ° 02 / gennaio 2003


Franz KafkaFranz Kafka

Note Biografiche, l’ambiente

Kafka: le opere. “America, “Il Castello, “Il Processo”.

Kafka: Il padre Hermann e la madre Julie Lowy .

Kafka: notizie biografiche

Nato a Praga nel 1883, figlio di un agiato commerciante ebreo con cui ebbe un rapporto tormentoso, in parte documentato dalla drammatica Lettera al padre (Brief am den Vater, 1919). Angosciosa la sua ricerca di stabilità sentimentale che non fu mai raggiunta: il fidanzamento con Felice Bauer, interrotto, ripreso, poi definitivamente sciolto (1914), l’amore per Milena Jesenska (1920-1922: notevoli le Lettere a Milena , Briefe an Milena), la relazione con Dora Dymant (con cui convisse fino al 1923). Si laureò in giurisprudenza nel 1906, si impiegò in una compagnia di assicurazioni (1908-1917), poi presso un istituto di assicurazioni di infortuni sul lavoro. Malato di tubercolosi, nel 1910-12 soggiorna a Riva del Garda, nel 1920 a Merano, poi a Kirling presso Vienna, dove morì. Era il 3 giugno 1924.


Kafka: ambiente e opera

Praga era a quei tempi un vivace centro culturale. Kafka strinse amicizia con Franz Werfel e con Max Brod, partecipando alla vita letteraria della città.
Nel 1907 aveva progettato il romanzo Preparativi di nozze in campagna (Hochzeitsvorbereitungen auf dem Lande) di cui restano le pagine iniziali. Nel 1913 esordì con una raccolta di brevi prose, tra descrittive e narrative, Meditazione (Betrachtung).
Nel 1915 pubblica il suo racconto più famoso, Le metamorfosi (Die Verwandlung), storia allucinante di un uomo che, risvegliandosi il mattino nel suo letto, si trova trasformato in un enorme scarafaggio e deve subire, fino alla morte, tutte le umiliazioni della nuova degradante esistenza. Il protagonista di questo racconto è Gergor Samsa, commesso viaggiatore che, dopo il fallimento del padre è l’unico sostegno della famiglia. Dopo una notte di incubi si sveglia trasformato in scarafaggio: accortosi della ripugnanza che desta tra i suoi familiari, dorme sotto il letto e cerca di non farsi più vedere in pubblico. Si nutre solo di rifiuti, assistito da una vecchia serva, l’unica che sopporta la sua vista. Un giorno, attirato dal suono del violino della sorella Grete, compare tra i suoi: il padre gli scaglia una mela che lo ferisce. Ne muore poco dopo. La vecchia serva, pur commiserandolo, lo getta nella spazzatura.
Nel 1910-1920 Kafka completò o abbozzò tutte le opere più importanti, ma non volle pubblicarle: diede disposizione nel testa mento che i manoscritti fossero distrutti. L’amico Max Brod ne curò invece la pubblicazione. Il corpus comprende un buon numero di racconti: La condanna (Das Urteil, 1916), Nella colonia penale (In der Strafkolonie, 1919), Il medico di campagna (Der Landartz, 1919); la raccolta La costruzione della muraglia cinese (Beim Bau der chinesischen Mauer, 1918). E soprattutto tre romanzi incompiuti.
America (Amerika, iniziato nel 1910 ed edito nel 1927), storia di un adolescente, il sedicenne Karl Rossmann sempre sereno e sorridente, inviato oltreoceano a espiare una ingenua colpa d’amore (ha messo incinta una domestica), destinato a perdersi in una realtà per lui incomprensibile. Accolto benevolmente e poi allontanato senza motivo da uno zio, si unisce a due vagabondi; li abbandona per impiegarsi come lift in un grande “Albergo Occidentale”; torna con loro quando anche l’albergo, senza motivo, lo licenzia. E’ assunto alla fine dal “Grande teatro” di Oklahoma. A questo punto il romanzo si interrompe.
Il processo (Der Prozess, 1914-15, edito nel 1924), in cui un uomo viene accusato di una colpa ignota e alla fine giustiziato da un misterioso tribunale. Il protagonista è Josef K, trent’anni, impiegato di banca: è dichiarato in arresto da due persone. Un processo è stato istruito nei suoi confronti. Dapprima sicuro di sé, è via via schiacciato da una macchina processuale di cui gli sfuggono i meccanismi. Josef K finisce per trascurare il lavoro, lasciandosi assorbire completamente dalle esigenze del pro cesso. Abbandonato da tutti, si rassegna ad accettare la condanna che lui stesso, senza saperne il motivo, ritiene irrevocabile. All’alba del giorno del suo trentunesimo compleanno, altri due signori vestiti di nero si presentano davanti a casa sua, lo prelevano e lo conducono ai margini della città dove viene giustiziato.
Il castello (Das Schloss, 1922 ma edito nel 1926), rappresentazione di un’autorità arcana e insondabile, i “signori del castello” ai cui voleri deve sottomettersi l’agrimensore K. L’agrimensore K giunge in un villaggio governato da un signore che abita in un castello posto sulla collina; vuole fermarsi qui per esercitare il suo mestiere. E’ accolto con diffidenza e ostilità dalle schiere burocratiche di Signori e funzionari che governano il posto, e dagli abitanti del villaggio che si uniforma no senza reagire a leggi offensive della ragione e della morale. Frieda, una giovane che è in contatto con uno dei Signori, Klamm, e che K vorrebbe sposare, lo abbandona. Finalmente un funzionario del castello, incontrato in una camera d’albergo, si offre di aiutarlo, ma K addormentato non lo sente. Il romanzo incompiuto si interrompe qui. Secondo le bozze di Kafka, la scena finale avrebbe dovuto mostrare K morente, accolto solo allora dalla gente del villaggio.


Kafka e il kafkaniesimo

Franz KafkaMotivo fondamentale dell’opera di Kafka è la colpa e la condanna. I suoi personaggi, colpiti improvvisamente dalla rivelazione di una colpa apparentemente sconosciuta, subiscono il giudizio di potenze oscure e invincibili, sono esclusi per sempre da un’esistenza libera e felice, che intuiscono realizzata in un’altra dimensione del mondo, in un’altra realtà. Nei personaggi di Kafka è l’immagine dell’uomo alienato dalla moderna società industriale e condannato, in mezzo alla società di massa, a una solitudine atroce.
Il suo stile nacque dal rapporto con i grandi modelli del decadentismo (George), ma anche, in parte, sotto l’influenza dei libri di Martin Buber e del teatro jiddish, la tradizione misticheggiante del classicismo.
In Kafka è la precisione: persone, oggetti, ambienti sono presentati con moduli di estremo realismo, con minuta attenzione. Ma è una realtà piena di risvolti, implicazioni simboliche. Come nei sogni: dimensione realistica e dimensione simbolica coesistono parallele. La minuziosa insistenza realistica la esaspera, la fissa in emblema. Acquista un’aura stregata e inquietante.
La vicenda umana è per Kafka incomprensibile e assurda: essa è dominata certo da una legge ma all’uomo non è dato conoscerla, da qui deriva la tragedia in cui l’uomo è immerso. Scriveva nei Diari : «Non sono la pigrizia, la cattiva volontà, la goffaggine che mi fanno fallire o non fallire in tutto: vita familiare, amici zia, matrimonio, professione, letteratura, ma è l’assenza del suolo, dell’aria, della legge. Crearmi queste cose, ecco il mio compito… il compito più originale». Un meccanismo complesso e inesorabile schiaccia l’uomo, un meccanismo mosso da una logica che non è a misura d’uomo. La vita umana è un susseguirsi di tentativi (conoscere questa logica e questa legge, entrare consapevolmente in questo meccanismo) che si concludono con la sconfitta: nel “Processo” i mezzi di cui può disporre il protagonista falliscono, sono piccole ruote che non ingranano con le inconoscibili ruote che costituiscono quel meccanismo procedurale. Così nel “Castello”, malgrado ogni tentativo, il “varco” non è possibile: con quel mondo non si riesce a entrare in comunicazione. Da questa incomprensibilità e inaccessibilità derivano la solitudine, la impossibilità di stabilire un rapporto di adesione con il mondo che ci circonda, di trovare nella giornaliera trama di gesti e di vicende un senso plausibile, la impossibilità di realizzarsi in una dimensione di autenticità, la consapevolezza di essere esclusi, stranieri (tema che ritornerà negli esistenzialisti, e soprattutto in Camus), il sen so di essere oggetto di una determinazione di cui si ignora i fi ni, l’alienazione.
Tutto questo non è però in Kafka una situazione di cui non resti altro che prenderne atto: l’atteggiamento di Kafka non è quello della rassegnazione o del vittimismo. I protagonisti del “Processo” e del “Castello” fino all’ultimo non desistono dal loro scopo; così nel breve racconto-parabola Di fronte alla legge , il protagonista anche quando «non può raddrizzare il suo corpo irrigidito e non ha molto più da vivere», non rinuncia a chiedere il perché della sua condizione di escluso; il protagonista di “Metamorfosi” pur nella prigione del suo corpo aspira sempre a rompere la sua condizione di escluso, a avviare un rapporto di comunicazione con i suoi familiari. Come noterà *Walter Benjamin, Kafka rinuncia alla verità ma non alla trasmissibilità: per questo è possibile il ‘miracolo’ della sua opera.
Tutta la sua opera è una testimonianza implacabile della volontà dell’uomo di non essere sopraffatto, di dire no alle ragioni che umiliano l’uomo sulla terra, un no angoscioso e risoluto in un mondo deserto di illusioni ma non abbandonato dalla coscienza. C’è, nella posizione di Kafka una forte componente autobiografica, solitudine familiare («io vivo in famiglia fra le persone migliori e più amorevoli, più estraneo di un estraneo. Con mia madre non ho scambiato in questi ultimi anni più di venti parole in media al giorno, con mio padre niente più di un saluto», dai “Diari”), senso d’inutilitezza e fallimento («un’immagine della mia esistenza sarebbe una pertica inutile, incrostata di brina e di neve, infilata obliquamente nel terreno, in un campo profonda mente sconvolto, al margine di una grande pianura, in una buia notte invernale», id.).


Kafka: edizioni delle opere

Subito dopo la morte, fu l’amico Max Brod a procedere alla pubblicazione delle opere di Kafka, nonostante questi gli avesse chiesto di bruciare tutto. Brod volle estrarre dai quaderni lasciati da Kafka tutti i testi narrativi. Brod ebbe una funzione fondamentale nella diffusione delle opere di Kafka e nell’impedire che i suoi scritti subissero la cancellazione. I criteri da lui adottati e la funzione che si assunse di “corretto interprete”, diressero verso certe direzioni il mito-Kafka. Brod pubblicò testi incompiuti (Il processo, Il Castello) che chiamò “romanzi”; e testi più brevi, che chiamò “racconti”, anch’essi non finiti. Delle varie stesure scelse, secondo suoi criteri, versioni che divennero così quelle “definitive” e lette. Di alcuni testi operò uno smembramento dal contesto in cui si trovavano, e una ricomposizione per renderli possibili alla lettura come “racconti”. Dalla fine degli anni ’80 è iniziata la pubblicazione dei quaderni di Kafka in edizione critica, che supera i criteri estrapolatori adottati da Brod.
Bibliografia: Franz Kafka
Hochzeitsvorbereitungen auf dem Lande (1907)
Betrachtung (1913)
Die Verwandlung (1916)
Das Urteil (1916)
In der Strafkolonie (1919)
Der Landartz (1919)
Beim Bau der chinesischen Mauer (1918)
Amerika (1910, 1927)
Der Prozess (1914-15, 1924)
Das Schloss (1922, 1926)
Briefe an Milena
Da http://www.girodivite.it/antenati/xx2sec/_kafka.htm


HERMANN KAFKA, IL PADRE

Il padre di Franz Kafka – a cui si è soliti attribuire la responsabilità di tutti i mali del figlio – era di certo un insopportabile tiranno domestico. Alto e vigoroso, si era fatto da sé e ne andava estremamente fiero. Si compiaceva nel raccontare gli stenti sopportati da giovane in campagna, a casa del padre, macellaio nella Boemia meridionale. Come padre, nonno o suocero, Hermann Kafka mancava di delicatezza. Con la sua “voce tonante” si lanciava spesso e volentieri in “insulti, calunnie, profanazioni”. Dalla sua poltrona “governava il mondo”, dando un giudizio su tutto e inveendo contro cechi, tedeschi o ebrei a seconda dei momenti, come “un tiranno il cui diritto si fonda sulla propria persona, non sul pensiero”. Quando nasce il primogenito – Franz – Hermann ha circa trent’anni; l’anno prima ha sposato Julie Lowy e ha aperto un negozio di “articoli galanti” nella via Celetna, con per insegna il nome Kavka (dal ceco “taccola”, una sorta di cornacchia). Il negozio si trasformerà rapidamente in un commercio all’ingrosso e, dopo vari traslochi, approderà a palazzo Kinsky, sulla più bella piazza di Praga, a testimonianza del raggiunto successo commerciale.

LA MADRE, JULIE LOWY 

Se il nonno paterno era un energico macellaio che parlava solo ceco e conduceva una vita modesta in campagna, la stirpe di Julie Lowy annoverava invece rabbini di fama, straordinariamente colti, e ricchi mercanti, oltre ad alcuni avi impazziti o morti suicidi. Nelle foto che ritraggono la coppia, la madre appare piuttosto in ombra rispetto al marito. Che fosse una depressa cronica? Qualcuno lo sostiene. E’ possibile – ma è solo un’ipotesi – che la morte prematura dei due figlioletti nati subito dopo Franz ne sia stata la causa. Julie si barcamena come può; capita che difenda il figlio dal marito o che gli permetta in segreto ciò che il padre ha vietato. Ma così facendo peggiora le cose: “Senza saperlo assumeva il ruolo del battitore di caccia”, scriverà Kafka, costantemente ossessionato dall’idea di essere la preda del padre. La madre in sostanza non riuscirà ad essergli d’aiuto: “Amava troppo [il marito] e [gli] era troppo fedelmente devota per potere alla lunga rappresentare una forza spirituale indipendente nella battaglia condotta dal figlio”

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